Occupazione del Trentino

05.09.2014 Administrator User
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Occupazione del Trentino
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Non è certo quando i Longobardi occupassero la valle dell'Adige. Le fonti, mentre citano esplicitamente la conquista da parte di Alboino di Verona e Vicenza ed altrettanto esplicitamente dichiarano che ciò non avvenne per Padova, Monselice e Mantova, non ricordano Trento che però potrebbe essere inclusa tra le altre città della Venezia genericamente indicate come occupate subito.
In realtà l'occupazione del Trentino potrebbe benissimo non essere avvenuta assieme a quella di Vicenza e Verona, perché l'inoltrarsi tra le montagne poteva essere pericoloso e poco redditizio per un esercito che cercava terre fertili e facili da percorrere ed abituato inoltre ai combattimenti in pianura. Solo negli anni successivi, con la progressiva presa di coscienza di divenire stabili occupanti della penisola e pertanto di dover rendere sicure le proprie conquiste, i gruppi stanziati nella pianura possono aver risalito la Valsugana, la valle dell'Adige e forse anche le valli occidentali da Brescia, occupando le montagne e fissando la sede del governo locale ovviamente a Trento, ove dopo la morte di Clefi appare duca Evino, ricordato tra i cinque governatori delle principali città occupate (Pavia, Bergamo, Brescia, Trento, Cividale), ma che il testo non impedisce di ritenere a Trento già prima.
Con la costituzione del ducato il territorio tridentino si configura finalmente come entità autonoma, staccata dalla regione Venetia et Histria di romana memoria ed assume una funzione essenziale quale ducato di frontiera, di importanza strategica pari a quella del ducato friulano, a protezione della pianura padana e difesa dagli attacchi di Franchi e Baiuvari che si erano attestati ai valichi e nelle alte valli alpine, approfittando della debolezza bizantina e dell'inesperienza (forse) longobarda che non ne ebbero mai il controllo totale, e dove probabilmente era rimasto ai bizantini il castrum Anagnis oggetto dell'attacco franco intorno al 576, del quale si tratterà più oltre.
L'estensione del ducato finì per ricalcare a nord i confini della X Regio, arrivando a Merano da un lato ed a Chiusa (Sabiona) dall'altro, a contatto con Franchi che avevano occupato la val Venosta e con Baiuvari scesi nell'alta val d'Isarco, ad est si fermava a Pergine (più tardi si estese a tutta la Valsugana) ed all'imbocco della val di Fassa, a sud giungeva fino ad Avio (o forse alle Chiuse di Verona) ed al lago, eccetto Riva (dal 584 dominio demaniale), ad ovest si portò presto al Tonale (dopo la conquista della Anaunia): in sostanza si era costituito ciò che nei secoli sarebbe stato il territorio tridentino storico e che avrebbe poi formato il principato vescovile.
Con i Longobardi quindi ha inizio effettivamente la storia cosciente della regione e nasce il concetto di Trentino ("Tridentinum territorium", che ricorda la "regio tridentina" della lettera di Teodorico). Nel corso degli anni e dei secoli i confini si sarebbero ristretti od allargati a seconda delle vicende del momento, soprattutto a nord, ma il nucleo sostanziale non cambierà più.
Le principali notizie sulle vicende trentine ci sono riferite da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Egli tuttavia ebbe come fonte essenziale per i primi decenni un'opera ora perduta, composta da un monaco trentino, Secondo di Trento, o di Non.
Di lui si parla in tre passi dell'opera di Paolo, due dei quali sono biograficamente fondamentali perché ci informano che nella Pasqua del 603 Secondo battezzò a Monza Adaloaldo, figlio di Agilulfo e Teodolinda, e che nel marzo 612 egli morì presso Trento, lasciando una "succinta" storia dei fatti longobardi.
Un brevissimo frammento di dodici righe è l'unica traccia diretta della sua vita e della sua opera. Rinvenuto nel monastero bavarese di Weingarten (proprietario di molti beni anche in Alto Adige) nel XVIII secolo, fu pubblicato per la prima volta nel 1761 e poi dal francescano Benedetto Bonelli, una tra le figure più significative del Settecento trentino, nel 1762.
Dopo gli sconvolgimenti napoleonici e la secolarizzazione del monastero avvenuta nel 1808, il frammento sembrava perduto. Fortunatamente nel 1952 venne ritrovato nella biblioteca provinciale di Stoccarda. Il codice miscellaneo che lo conserva è fatto risalire all'VIII secolo (contemporaneo quindi di Paolo Diacono): il frammento porta indicazioni anche biografiche e conclude un lavoro probabilmente diverso da quello della piccola storia fonte di Paolo (o forse ne è un iniziale abbozzo sviluppato successivamente). Infatti il testo, composto verosimilmente nel 580, come si desume dai dati offerti dallo stesso Secondo che parla in prima persona, dice espressamente che quanto narrato ebbe luogo nella terra (o diocesi) trentina, "in loco Anagnis", sotto il vescovo Agnello durante il governo dell'imperatore Tiberio II, nel dodicesimo anno dell'invasione longobarda.
Come si nota, a quest'epoca Secondo è ancora nostalgico del vecchio ordine politico e continua a sentirsi suddito dell'Impero. Di fronte ai lutti ed alle rovine portate in una terra ormai di confine da incursioni, scontri, conquiste ed occupazioni violente, la sua disposizione d'animo culturale e politica verso un invasore barbaro, spesso brutale, ariano e nemico dello Stato legittimo, come si presenta il longobardo, non può che essere negativa. La stessa del resto che mostrano i vescovi Agnello di Trento ed Ingenuino di Sabiona (sede successivamente trasferita a Bressanone, poco più a nord) firmatari con altri vescovi nel 591 (o forse 590) della missiva all'imperatore Maurizio nella quale auspicano con forza il ritorno del governo legittimo bizantino.
Più tardi però le vicende politiche portarono al matrimonio prima del duca Evino con una principessa cattolica, figlia del duca di Baviera Garibaldo (che non era però ancora convertito, come gran parte del suo popolo), poi nel 589 di sua sorella Teodolinda con l'ariano re Autari, con una cerimonia che sarebbe stata celebrata nella zona di Ala. La posizione di Secondo allora si ammorbidì tanto da diventare un influente consigliere spirituale della corte di Pavia con la regina ed il suo successivo marito Agilulfo, convertitosi dopo il matrimonio (a differenza di Autari), ambedue favorevoli alla posizione della Chiesa aquileiese sul complesso problema dei "Tre Capitoli", cui anche la Chiesa trentina aderiva.
La sua fama, la stima nei suoi confronti e la preoccupazione di mantenere uniti i cattolici di fronte agli ariani portarono persino papa Gregorio I a scrivergli nel 599 per chiarirgli i termini della questione che aveva portato all'equivoco tricapitolino e ad annunciare un'altra lettera (probabilmente mai più scritta per la declinante sua salute) nel 603, nell'epistola inviata a Teodolinda per rallegrarsi del battesimo del figlio Adaloaldo e nella quale Secondo è ricordato due volte quale dilettissimo figlio.
Non è da pensare che Secondo divenisse filolongobardo, era piuttosto un fiducioso sostenitore di quanti erano convertiti al cattolicesimo, con la non nascosta speranza di poter, attraverso i capi, convertire l'intero popolo alla vera fede, stimolato anche dall'essere il Trentino già su quella strada, con una cattolica sposa di Evino ed un cattolico quale duca suo successore (Gaidoaldo).
Prima di continuare, riteniamo utile ricordare brevemente in che cosa consisteva la disputa teologico-religiosa conosciuta come "Scisma dei Tre Capitoli".
Convinto assertore dell'alleanza trono-altare, ma altresì della necessità di intervenire anche nelle questioni religiose, Giustiniano nel 544 aveva approvato e fatto approvare una condanna, stesa da un vescovo orientale, degli scritti di tre teologi presunti filonestoriani che il Concilio di Calcedonia nel 451 non aveva a suo tempo ritenuto in errore perché essi avevano chiarito le proprie posizioni e dichiarata la propria fedeltà a Roma. La condanna, che serviva a Giustiniano per trovare un accordo con i "monofisiti" (seguaci di un'eresia molto diffusa in Oriente e pericolosa per l'unità dell'Impero) e per bloccare l'espansione del nestorianesimo, altrettanto pericoloso sul piano politico e religioso (era diffuso anche nella nemica Persia), fu sottoscritta sotto il peso delle pressioni imperiali dai vescovi d'Oriente e, con molti contrasti, anche da papa Vigilio, praticamente prigioniero a Costantinopoli, con una formula che però salvaguardava l'autorità delle scelte di Calcedonia. Molte Chiese d'Occidente rifiutarono invece l'adesione: tra esse quelle di Aquileia e di Milano che ruppero l'unità con Roma per qualche tempo. La disputa si concluse definitivamente per i territori aquileiesi alla fine del VII secolo, anche se nella pratica già da tempo aveva perso d'interesse ed in realtà i rapporti tra le Chiese non furono mai interrotti.

Da
576 d.C.
A
603 d.C.
Personaggi
Alboino , Maurizio , Evino , Gaidoaldo
Codice
48579
codici_personaggi_as_text
50568-50569-50570-50579
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