Lettura dai Fioretti e dal Cantico delle Creature di San Francesco

Theater

Uomo/animale: incontri tra generi
Incontri: teatro/cinema

Lettura teatrale di brani tratti dai Fioretti e dal Cantico delle Creature di San Francesco e proiezione del film Uccellacci uccellini di Pier Paolo Pasolini, Italia, 1966, 88'
Copia proveniente dall'Istituto Cinematografico dell'Aquila "La Lanterna Magica"

L’arte incontra il teatro e il cinema, mercoledì 23 marzo, al Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Si tratta di una serata nell’ambito del ciclo di eventi Uomo/animale; incontri tra generi, che presenta una serie di temi di discussione legati alla grande mostra Il Bello e le bestie, visitabile fino all’8 di maggio.
Alle 21, nella sala conferenze della sede di Rovereto del Mart, gli attori della compagniea “Finisterrae Teatri” presenteranno una performance teatrale e musicale. Giacomo Anderle (voce recitante), Nadia Semionova (oggetti scenici), Mariano Detassis (luci) e il Modern Saxophone Quartet porteranno sulla scena una lettura a più voci del Cantico delle Creature e di tre brani dai Fioretti di San Francesco, in un dialogo serrato tra voce, musica, gesto e oggetti scenici.

Seguirà la proiezione del film Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini. La pellicola proviene dall’Istituto cinematografico dell’Aquila “La lanterna magica”. Il film, basato su un testo di Pasolini, con musiche di Ennio Morricone, nel 1966 fu presentato al XX Festival di Cannes 1966, dove Totò ottenne il Nastro d’argento per la migliore interpretazione.

Uccellacci e uccellini
Italia 1966, 88’
Trama Totò e suo figlio Ninetto si mettono in cammino, nei dintorni di Roma, per raggiungere una cascina e minacciare lo sfratto a della povera gente che non paga il canone e si ciba di nidi di rondine. Durante il cammino, i due parlano di vita e di morte con un corvo parlante, un petulante e saccente ospite autoinvitato, sedicente intellettuale marxista vecchia maniera. Il racconto del corvo induce padre e figlio a rivestire il saio francescano, divenendo rispettivamente Frate Ciccillo e Frate Ninetto, per ripetere agli uccelli la predica di San Francesco. Con una certa fatica e lunghissima preparazione spirituale, Frà Ciccillo riesce a farsi ascoltare dai falchi e dai passerotti, facendo loro accettare il messaggio di Dio, senza però far desistere i rapaci dalle loro sanguinose abitudini. Ripreso il cammino in abiti borghesi, i due si imbattono nei funerali di Togliatti, in manifestazioni popolari e in una prostituta. Continuano a camminare e a parlare: finché, sentendo fame, uccidono il corvo per il loro pasto.
Commenti "Uccellacci e Uccellini" è stato il mio film che ho amato e continuo ad amare di più, prima di tutto perché come dissi quando uscì è "il più povero e il più bello" e poi perché è l'unico mio film che non ha deluso le attese. Collaborare con lui [con Totò ndr] "reduce da quegli orribili film che oggi una stupida intelligenzia riscopre" fu molto bello: era un uomo buono e senza aggressività, di dolce cera. Voglio ricordare anche che oltre che un film con Totò, "Uccellacci e Uccellini" è anche un film con Ninetto, attore per forza, che con quel film cominciava la sua allegra carriera. Ho amato moltissimo i due protagonisti, Totò, ricca statua di cera, e Ninetto. Non mancarono le difficoltà, quando giravamo. Ma in mezzo a tanta difficoltà, ebbi in compenso la gioia di dirigere Totò e Ninetto: uno stradivario e uno zuffoletto. Ma che bel concertino!". Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini, Capolavori italiani, L'Arca società editrice de "l'Unità", maggio 1995.
Non ho mai "messo al mondo" un film così disarmato, fragile e delicato come Uccellacci e uccellini. Non solo non assomiglia ai miei film precedenti, ma non assomiglia a nessun altro film. Non parlo della sua originalità, sarebbe stupidamente presuntuoso, ma della sua formula, che è quella della favola col suo senso nascosto. Il surrealismo del mio film ha poco a che fare col surrealismo storico; è fondamentalmente il surrealismo delle favole [...]
Questo film che voleva essere concepito e eseguito con leggerezza, sotto il segno dell'Aria del Perdono del "Flauto Magico", è dovuto in realtà a uno stato d'animo profondamente malinconico, per cui non potevo credere al comico della realtà (a una comicità sostantivale, oggettiva).
L'atroce amarezza dell'ideologia sottostante al film (la fine di un periodo della nostra storia, lo scadimento di un mandato) ha finito forse col prevalere. Mai ho scelto per tema di un film un soggetto così difficile: la crisi del marxismo della Resistenza e degli anni Cinquanta, poeticamente situata prima della morte di Togliatti, subita e vissuta, dall'interno, da un marxista, che non è tuttavia disposto a credere che il marxismo sia finito (il buon corvo dice: "Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e portarla avanti! È su me stesso che piango...").
Ho scritto la sceneggiatura tenendo presente un corvo marxista, ma non del tutto ancora liberato dal corvo anarchico, indipendente, dolce e veritiero. A questo punto, il corvo è diventato autobiografico, una specie di metafora irregolare dell'autore.
Totò e Ninetto rappresentano invece gli italiani innocenti che sono intorno a noi, che non sono coinvolti nella storia, che stanno acquisendo il primo jota di coscienza: questo quando incontrano il marxismo nelle sembianze del corvo.
La presenza di Totò e Ninetto in questo film è il frutto di una scelta precisa motivata da un'altrettanto precisa posizione nell'ambito del rapporto tra personaggio e attore.
Ho sempre sostenuto che amo fare film con attori non professionisti, cioè con facce, personaggi, caratteri che sono nella realtà, che prendo e adopero nei miei film. Non scelgo mai un attore per la sua bravura di attore, cioè non lo scelgo mai perché finga di essere qualcos'altro da quello che egli è, ma lo scelgo proprio per quello che è: e quindi ho scelto Totò per quello che è. Volevo un personaggio estremamente umano, cioè che avesse quel fondo napoletano e bonario, e così immediatamente comprensibile, che ha Totò. E nello stesso tempo volevo che questo essere umano così medio, così "brava persona", avesse anche qualcosa di assurdo, di surreale, cioè di clownesco, e mi sembra che Totò sintetizzi felicemente questi elementi.