Il pittorialismo

Focus: i procedimenti non argentici

Guido Rey, La lettera, 1908, platinotipo
Getty Center, via Wikimedia Commons / Public domain

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La produzione di massa dei fotografi amatoriali e degli studi fotografici commerciali ben presto fu percepita come una minaccia alla fotografia in quanto espressione puramente artistica. In Europa e in America si diffusero movimenti fotografici che reclamavamo l’inclusione della fotografia tra le belle arti, mettendola alla pari con la pittura e il disegno. I fotografi pittorialisti si impegnarono consapevolmente a differenziare il loro lavoro dalle fotografie scattate da dilettanti e fotografi commerciali, usando elaborate tecniche di sviluppo e di stampa per realizzare positivi dagli effetti pittorici, sfumati e suggestivi, in netto contrasto con quella precisione ‘meccanica’ che alle origini aveva costituito la principale attrazione dell’“invenzione del secolo”. Non andranno tuttavia sottovalutate l’importanza della fotografia vernacolare e la complessità delle relazioni che essa intrattenne con l’opera dei fotografi con ambizioni artistiche, in un processo continuo e reciproco di confronto e di scambio che attraversa tutto il corso della storia della fotografia.

Il pittorialismo segnò un momento di particolare favore per i più raffinati viraggi (trattamenti in grado di variare la tonalità delle stampe con scopi prevalentemente estetici) e per i procedimenti non-argentici, a cominciare dalla stampa su carta al carbone, messa a punto da Alphonse Poitevin nel 1855 e celebrata per la sua “inalterabile” stabilità. L’invenzione di Poitevin, basata sulla fotochimica dei sali dell’acido cromico, prevedeva l’uso di gelatina mescolata con polvere di nerofumo che produceva un’immagine nei toni di grigio; in seguito la gamma cromatica sarà ampliata attraverso l’uso di numerose altre sostanze colorate (stampa ai pigmenti). La sostituzione della gelatina con la comune gomma arabica portò inoltre alla diffusione della stampa alla gomma. A un altro principio fotochimico, già esplorato da Sir J. Herschel, si lega lo sviluppo delle tecniche di stampa su carte ai sali ferrici, come la cianotipia e la platinotipia, brevettata nel 1873 da William Willis in Inghilterra e molto apprezzata fino alla prima guerra mondiale per la sua resa estetica e la sua inalterabilità. Successivamente sarà sostituita dalla stampa al palladio, un metallo di intonazione più calda e, soprattutto, meno costoso (palladiotipia).

Nel corso del Novecento, l’epoca del pittorialismo sarà spesso contestata per la rincorsa alle tecniche pittoriche e grafiche a discapito del linguaggio più “vero” e autonomo della fotografia. Oggi i decenni precedenti la cesura della Grande guerra  ci appaiono come un periodo di consapevolezza e assoluta padronanza dei mezzi tecnici e di fervide indagini nelle possibilità espressive della fotografia; tra i protagonisti trentini di questa fase, come vedremo nelle prossime uscite, primeggiano Enrico Unterveger (1876-1959), erede del primo stabilimento fotografico trentino, e Giuseppe Brunner (1871-1951), già apprendista dell’atelier Unterveger, poi elegante ritrattista e interprete sul piano locale del gusto pittorialista.

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km

05/05/2020