Casa Cazzuffi

I palazzi storici di Trento strumenti per osservare la progressiva trasformazione urbanistica della città

[ foto 4^ D SCHOLL]

 

La famiglia

I proprietari Cazuffi, originari della Val di Non, più precisamente di Tuenno (é documentata la loro presenza in città verso la fine del Trecento), si distinsero per le capacità politiche, amministrative ed imprenditoriali. Le loro fortune ebbero inizio nel Quattrocento, con “ser Lorenzo”, console di Trento per cinque volte, che abitava proprio in Piazza Duomo, nella Casa fatta poi decorare, dal nipote Tommaso coi famosi affreschi a chiaroscuro; sotto gli affreschi cinquecenteschi, fra la grondaia della casa e l’adiacente Chiesa dell’Annunziata, è affiorato un affresco precedente, di probabile fattura trecentesca, con lo stemma dei Cazuffi, di cui ora è visibile un frammento. La dimora, così impreziosita, posta in un punto strategico della piazza, alla confluenza con la Via Larga, evidenziava il prestigio e il rango sociale elevato della famiglia.

L’architettura

La casa è contigua a Casa Rella; sopra il portico, si notano tre ordini di monofore ad arco a tutto sesto, al livello più alto si legge una sopraelevazione più recente, non affrescata. La casa, di origine tre/quattrocentesca, come indicano i resti di un fregio gotico in alto, fu ammodernata verso il 1530, in stile rinascimentale da Tommaso Cazuffi, dottore in legge e più volte console della città fra il 1523 e il 1551.

L’autore

La facciata sulla Piazza, è ornata di affreschi attribuiti al maestro Marcello Fogolino, pittore italiano nato a Vicenza nel 1483 circa, che contribuì anche alla decorazione del Magno Palazzo all’interno del Castello del Buonconsiglio. Insieme al Romanino, a Dosso e Battista Dossi, concorse all’affermazione della pittura del Rinascimento a Trento

Attorno a questa figura vi è tuttavia un alone di mistero: si dice infatti che egli sia stato coinvolto in un omicidio insieme al fratello, in Friuli, probabilmente per questo si trasferì a Trento. In seguito riuscì a guadagnare la fiducia del Principe Vescovo Bernardo Clesio, che gli commissionò opere anche in altre località del Trentino. Dal momento in cui arrivò a Trento, nel 1527 l’artista, si diede da fare per ottenere un salvacondotto, concesso e rinnovato dalla Serenissima, in cambio di informazioni politiche importanti.

La decorazione

Tra gli affreschi delle due Case, quelli a monocromo sono di maggior qualità; le bianche figure allegoriche sono delineate con grande finezza e modellate da un chiaroscuro, che crea un effetto di volume.

La tecnica dell’affresco è una pittura eseguita su uno strato di intonaco fresco; il colore viene assimilato e inglobato nell’intonaco, durante il processo di asciugatura.

Lo sfondo, in origine era realizzato ad “azzurrite” (minerale della famiglia dei carbonati, importante pigmento per il colore blu, utilizzato in pittura, in sostituzione del più costoso “blu d’oltremare”, non adatta all’affresco perché tendeva a polverizzarsi), ormai quasi completamente caduta. In origine, con lo sfondo integro, le allegorie dovevano avere uno straordinario risalto. Le figure avevano scopo moraleggiante e si caratterizzavano come vero e proprio libro morale che doveva istruire un’elite: pochi infatti erano coloro in grado di comprendere un linguaggio pittorico colto, ispirato a testi letterari come quello di Andrea Alciati, “Emblematum Liber” del 1531. Le losanghe e i medaglioni presenti in facciata imitano con fedeltà testuale e iconografica le incisioni dell’edizione primaria del libro di Alciati.

Le figure allegoriche presenti sono immagini di concetti astratti, con ammonimenti morali, tra le numerose presenti in facciata, se ne propongono tre: “la dea della Giustizia, Nemesi”, “l’Occasio” e “il Carro della Fortuna” (quest’ultima non attinge all’ “Emblematum Liber” di Alciati, ma ad una tradizione figurativa più articolata).

LA DEA della GIUSTIZIA, NEMESI:

nella fascia mediana del prospetto, a destra, si legge la figura femminile “Nemesi”, la rappresentazione allegorica della Giustizia.

Essa è ferma, in equilibrio su una ruota, e tiene in mano una sfera (simbolo del controllo dell’Umanità) e un paio di briglie. A lei spetta porre freno all’arroganza degli uomini, i quali spesso diventano superbi in seguito ai propri successi e riportare le cose all’ordine naturale.

L’OCCASIO:

quest’altra figura allegorica femminile, collocata a sinistra della dea della Giustizia, rappresenta l’occasione propizia, che l’uomo deve riuscire ad agguantare, prima che sfugga. Essa agita un rasoio, oggetto tagliente e simbolo che dimostra la sua superiorità, muove la ruota ai suoi piedi.

I quattro putti rappresentano gli uomini: un putto si è aggrappato a lei, un secondo tenta di imitarlo, altri due giacciono a terra: sono coloro che non sono riusciti a cogliere l’occasione.

IL CARRO DELLA FORTUNA:

l’allegoria della Fortuna, già interpretata come Diana cacciatrice, su di un carro trainato da cervi, si fa notare per i due volti contrapposti, uno chiaro ed uno scuro che simboleggiano la fortuna propizia ed avversa.

Nella mano sinistra Diana tiene la tipica ruota di ascendenza medievale e siede sopra una sfera, simbolo dell’instabilità del favore della dea, ma anche del suo dominio sul mondo.

Degni di nota i tre i medaglioni sottostanti: il primo è un’ammonizione contro l’avarizia, che rende gli uomini più crudeli, il secondo è un invito all’unione mistica dell’anima umana per mezzo dell’amore spirituale, il terzo ricorda il vincolo di solidarietà sociale che deve unire gli uomini.

Lo stemma

Lo stemma nasce come segno di riconoscimento di una Famiglia, di un Casato (funzione primaria) e diventa segno di prestigio, che garantisce considerazione e rilievo all’interno della società del tempo, ma è utilizzato anche come indicatore di proprietà (scolpito su palazzi, fontane, chiese, sulle porte di accesso alle città). Nel Medioevo era anche sinonimo di “arma.”

Lo stemma viene trasmesso di padre in figlio, secondo il principio dell’ereditarietà, diventando la rappresentazione tangibile di una coesione e continuità familiare, ovviamente per Casati nobili, importanti per potere e fortune.

Spesso è costituito da uno scudo, il quale si può presentare intero o diviso in più parti e da varie tipologie di animali o oggetti simbolici ed ornamenti diversi, che possono avere la funzione di semplice decorazione oppure di contrassegno onorifico.

Lo stemma di casa Cazuffi lo troviamo all’angolo con l’imbocco di via Belenzani, ma non è facilmente visibile in quanto è molto degradato e ne è rimasto solo un piccolo frammento, seminascosto dal canale di gronda, di costruzione successiva.

Il campo dello scudo: di rosso alla fascia ondulata d’argento. Cimiero: due semivoli affiancati caricati della figura e dei colori del campo dello scudo.

Testo a cura di: Arianna, Giulia, Alessia, 4^ D SCHOLL

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26/02/2019