La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina

Al MAG di Riva del Garda una rilettura del percorso dell'artista a partire dall'opera di Land Art più grande al mondo

Nel 1968 un devastante terremoto distrugge diversi paesi della Valle del Belice: sulle macerie della città di Gibellina, Alberto Burri concepisce Land Art. Quanto rimane della città viene ricoperto di un "sudario bianco", un’enorme gettata di cemento che ingloba i resti e riveste, in parte ricalcandola, la planimetria della vecchia Gibellina.

Parte da qui La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina, il progetto itinerante curato da Massimo Recalcati con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, prodotto e realizzato da Magonza editore. Dopo essere stata allestita nelle sale del Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese di Roma, la mostra giunge al MAG di Riva del Garda, in collaborazione con il Mart di Rovereto, dal 22 giugno al 3 novembre 2019.

Al centro della riflessione si pone la "poetica della ferita", riletta attraverso una selezione di opere. Un tema che con diverse espressioni costituisce uno dei fili conduttori dell'estetica di Recalcati: incisioni nella materia, strappi, lacerazioni, crettature, bruciature, sino a declinazioni che rimandano a una genesi e a un processo di carattere spirituale.

Culmine del percorso interpretativo sono le fotografie in bianco e nero di Aurelio Amendola sul Grande Cretto. Fotografo che per eccellenza ha raccolto le immagini di Burri, dei suoi lavori e dei processi creativi, Amendola ha realizzato gli scatti in due riprese, nel 2011 e nel 2018, a completamento avvenuto dell’opera (2015).

Nel percorso inoltre, il video Il Grande Cretto di Gibellina di Petra Noordkamp – prodotto e presentato nel 2015 dal Guggenheim Museum di New York, in occasione della grande retrospettiva The Trauma of Painting –  filma in un racconto poetico e di grande sapienza tecnica l’opera di Burri e il paesaggio circostante.

Alcune opere uniche dell’artista, veri e propri capolavori, inoltre, estendono non solo ai Cretti ma anche ai Sacchi, ai Catrami, alle Plastiche e a una selezione di opere grafiche la lettura proposta dal celebre psicanalista.

«È una ferita che è dappertutto, che trema ovunque. Una scossa, un tormento, un precipitare di fessurazioni infinite ed ingovernabili». Come scrive Recalcatiin Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina, «nei Legni la ferita è generata dal fuoco e dalla carbonizzazione del materiale ma, soprattutto, dal resto che sopravvive alla bruciatura. Nelle Combustioni, lo sgretolamento della materia, la manifestazione della sua umanissima friabilità, della sua più radicale vulnerabilità, viene restituita con grande equilibrio poetico e formale. È ciò che avviene anche con le Plastiche dove, ancora una volta, è sempre l’uso del fuoco a infliggere su di una materia debole ed inconsistente come la plastica, l’ustione della vita e della morte».

La mostra è patrocinata dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, dalla Regione Sicilia, dal Comune di Gibellina e dalla Fondazione Orestiadi.

In occasione della mostra è realizzato dalla casa editrice Magonza un volume stampato su carta di pregio e di grande formato con testimonianze e ricerche inedite su Alberto Burri, la sua opera e Il Grande Cretto di Gibellina. Un nuovo testo di Massimo Recalcati raccoglierà gli sviluppi ulteriori della sua ricerca, insieme a interventi di storici dell'arte quali Gianfranco Maraniello e Aldo Iori.


04/06/2019