Parchi e giardini storici del Trentino: tra arte, natura e memoria

Pubblicato il volume della Soprintendenza: un primo contributo multidisciplinare per la conoscenza d'insieme di questo fragile patrimonio.

[ ph Paolo Sandri]

Il giardino è lo spazio costruito dove in modo elusivo si compenetrano dimensioni tradizionalmente ossimoriche: natura e cultura-coltura. Nel mondo classico, questi opposti rappresentano le linee di demarcazione fra selvaggio e addomesticato, fra forze primordiali, logos e nomos, inciviltà e civiltà. In forma scritta o figurata, dalle immagini letterarie a quelle cinematografiche, il giardino è luogo di mediazione fra l’artificio e la realtà naturale che, scandita dai ritmi stagionali, solo in parte si lascia piegare ai desideri e alle ambizioni dell’uomo. L’ambiguità di fondo del giardino emerge in modo perentorio nelle varie espressioni delle 'arti', laddove appare come un territorio che si presta a interpretazioni discordanti in termini estetici, poetici, figurativi, esistenziali e comunicativi. Reale o immaginario, incantato o stregato, sacro o profano, privato oppure pubblico, anche i suoi limiti risultano sfumati, al di là delle barriere fisiche artificiali o naturali... “oltre la siepe”.

Dilatandosi, i perimetri del giardino sconfinano in direzione del parco, mentre restringendosi si avvicinano alle dimensioni degli orti, per quanto il giardino si distingua per la sua connotazione meno utilitaristica, più decorativa, con implicazioni contemplative, ricreative: culturali in senso lato. In effetti questa architettura naturale rispecchia da un lato inclinazioni e gusto della proprietà e, dall’altro lato, mode e tendenze del tempo, soggette a vincoli topografici ed ambientali. Al di fuori della sfera religiosa, il giardino si configura come un arredo della dimora, un bene 'superfluo' carico di valenze simboliche, indice di potere d’acquisto e di benessere, tanto più se esteso, curato e dotato di apparati vegetali in grado di allietare e di sorprendere.

Secondo queste prospettive il giardino si delinea pertanto come una sorta di apparato 'edonistico', modellato per compiacere chi lo possiede e accogliere ospiti attentamente selezionati ai quali esibire l’artificio di una natura piegata al senso estetico e ai codici comunicativi e della proprietà. Il mondo romano nella ricchezza delle fonti letterarie, architettoniche e figurative permette di apprezzare a fondo come già agli albori il giardino rappresentasse un privilegio, distintivo sul piano dello status sociale. E a chiarire come nell’articolazione delle dimore dei ceti elevati il giardino fosse tutt’altro che marginale, lo ricordano, a partire dall’età augustea fino ai primi decenni dell’impero, i giardini dipinti che decorano ville imperiali e, di seguito, anche abitazioni di carattere privato e contesti tombali, sia italici sia alla periferia dell'impero.

L’esempio più noto, forse anche allusivo ai tempi di pace di Augusto, è la straordinaria pittura illusionistica dello spazio interrato della villa di Livia presso Prima Porta dove elementi naturalistici (oltre alle piante uccelli) sono descritti in modo preciso con elementi di arredo. Ma tornando al tema degli opposti, se da un lato il giardino può risvegliare i sensi nei giochi di luci e ombre, profumi, brezza e calura, come vuole tanta parte di letteratura e cinema, dall’altro lato come noto si propone, in chiave mistica e spirituale, anche come luogo dove i sensi possono trovare pace nella contemplazione.

Cura dell’anima e lavoro della terra si intrecciano del resto nel pensiero religioso, divenendo una metafora esistenziale cui attinge anche la psicanalisi di Jung. Il giardino nei suoi archetipi è pure luogo del mito, della religione e della perfezione di una natura generosa. In Occidente come in Oriente dona la pace ai beati, ristora e cura le anime, come si evidenzia nel volume Nostalgia del paradiso. Il giardino medievale di Franco Cardini e di Massimo Miglio. I punti di riferimento sono quelli biblici dell’Eden – paradiso di piacere secondo la traduzione latina – l’hortus conclus del Cantico dei Cantici e, sul versante pagano, i leggendari giardini pensili di Babilonia, i Campi Elisi, il topos del locus amoenus, il giardino splendente delle Esperidi, figlie della Notte guardiane dei pomi d’oro, di Flora nei Fasti di Ovidio, quello di Amore dalla primavera eterna nell’opera di Claudiano, per citare solo gli esempi più noti. È perlomeno dai tempi di Omero che l’immaginazione dell’uomo coltiva il desiderio di un giardino dove regna l’armonia di una generosa natura che il tempo non fa appassire.

Ulisse si imbatte nel miracolo di frutti perpetui nel paese dei Feaci, presso la reggia di Alcinoo. E il giardino dall’eterna primavera riaffiora in Boccaccio. Nella rilettura dell’antico, è fra Umanesimo e Rinascimento che si rinnova la stagione della civiltà del giardino dove, fra artificialia e naturalia, si alimentano le propensioni del tempo alla curiosità, alla ricerca scientifica e all’ostentazione. Sia di corte sia privati, anche di seguito i giardini continuano ad essere gli interpreti di canoni estetici, della moda e del pensiero, frutto di tradizioni e di innovazioni: dunque, ancora una volta, nel segno di una coppia ossimorica.

Lungo queste traiettorie di pensiero lo studio dei giardini storici – che attualmente conosce un periodo particolarmente fecondo – è un esercizio complesso che in forma interdisciplinare coinvolge più aspetti culturali, da quelli botanici a quelli architettonici, artistici, letterari, filosofici e socio economici. Nella catalogazione e nell’impostazione di questa pubblicazione si sono posti problemi di ordine tassonomico, legati a sensibilità diverse e ai margini interpretativi che sussistono nella classificazione e lettura di questo mutevole paesaggio umano. La pubblicazione colma un vuoto, permettendo di accrescere le conoscenze e di prevedere in futuro iniziative di valorizzazione anche sul versante del turismo culturale. Va riconosciuto il merito a quanti hanno avuto l’idea di realizzare questi volumi, a partire da Sandro Flaim, già dirigente della Soprintendenza per i Beni culturali e a chi ne ha portato a termine l’impegno.

Franco Marzatico - responsabile Soprintendenza per i beni culturali
parte di: Lavori in corso

27/09/2016