Pau Brasil - il mito verde di Margherita Leoni

Presso il Muse di Trento la mostra dedicata alla ricerca artistica di Margherita Leoni

Fino al 10 aprile presso il Muse si potrà apprezzare la ricerca artistica di Margherita Leoni, declinata nelle oltre settanta opere esposte - che spaziano fra la tecnica dell’acquerello, del carboncino e dell’elaborazione digitale. Una ricerca che parte dallo studio puntuale della biodiversità botanica brasiliana, si addentra nella riscoperta dei miti degli Indios e giunge all’elaborazione della tragedia dell’incendio del cerrado, per riflettere sulla relazione uomo-natura e sulla necessità di ricostruire un rapporto di conoscenza e rispetto con il mondo naturale.

"Nell’accezione comune le parole “foresta” e “Brasile” rimandano immediatamente ed inevitabilmente all’Amazzonia, che con i suoi oltre cinque milioni di chilometri quadrati è tuttora la più ampia superficie di foresta pluviale a livello planetario ed il bioma più esteso sul suolo della nazione carioca. Accanto al “gigante verde” distribuito su buona parte del bacino del Rio delle Amazzoni, il grande paese sudamericano ospita comunque (anche se comparando le attuali estensioni con quelle di epoca precolombiana sarebbe meglio dire “ospitava”) altre formazioni vegetali meno note al pubblico dei non specialisti: cerrado, caatinga, mata atlantica, il cui nome portoghese o guaranì, al di là dell’esotismo linguistico, rimanda a immagini molto sfocate nella mente degli europei.

La più che decennale attività di documentazione puntuale e rigorosa e la grande maestria pittorica di Margherita Leoni, oltre a dar vita a squisite e raffinate espressioni artistiche, assolve in questo senso a un compito di “disvelamento scientifico”: le sue opere fanno prendere forma, nella nostra percezione, al mondo ignorato della biodiversità botanica del sud-est del Brasile, piante e paesaggi vegetali che sono “altro” rispetto a quelli amazzonici, ma che con l’Amazzonia condividono problemi ed emergenze di conservazione altrettanto urgenti, talvolta persino più urgenti in virtù di una scala dimensionalmente ridotta delle superfici in questione.

Il cerrado, cioè il vasto insieme di savane più o meno forestate/alberate, savane umide e foreste riparie a galleria distribuito prevalentemente sui plateau del centro-sud del Brasile (stati di Goiás, Mato Grosso do Sul e Minas Gerais) a coprire circa un quinto del paese, e la mata atlantica, ovvero il complesso di foreste tropicali e sub-tropicali, cespuglieti e mangrovie che si estendono nell’entroterra e lungo le coste affacciate sull’Oceano Atlantico (dallo stato del Rio Grande do Norte a quello del Rio Grande do Sul) sono stati a tutti gli effetti i primi ambienti naturali incontrati oltre 500 anni fa dai colonizzatori portoghesi al loro sbarco sulle coste brasiliane. E, complice una certa accessibilità e (rispetto all’ “inferno amazzonico”) una minor ostilità climatica, all’arrivo dell’uomo bianco non poteva che conseguire l’inizio del loro declino".

da "Dal cerrado alla mata atlantica, le foreste dimenticate del Brasile" di Osvaldo Negra e Francesco Rigobello

Osvaldo Negra, Francesco Rigobello

22/01/2016