Il restauro dei reperti della Grande Guerra

Il sito di Punta Linke a 3629 metri di altitudine nel gruppo dell’Ortles-Cevedale.

I restauratori dei laboratori dell’Ufficio beni archeologici e dell’Ufficio beni archivistici ci illustrano la tecnica utilizzata per la messa in sicurezza dei beni mobili della Grande Guerra e in particolare dei reperti provenienti dal sito di Punta Linke, a 3629 metri di altitudine, nel gruppo dell’Ortles-Cevedale, sul fronte più elevato della Prima guerra mondiale.

In questi anni il cambiamento climatico ha causato modificazioni significative nella temperatura globale. Uno dei fenomeni più evidenti è stata la riduzione delle masse glaciali che ha portato al rinvenimento sui ghiacciai alpini di strutture difensive e oggetti relativi al primo conflitto mondiale.

I manufatti, perfettamente conservati finché inglobati nel ghiaccio, al momento dell’affioramento sono in pericolo perché l’ambiente naturale non ha più le caratteristiche per garantirne la conservazione. È quindi necessario operare velocemente per recuperare i reperti che rischiano altrimenti un velocissimo degrado.

Nel caso del sito di Punta Linke tutti gli oggetti rinvenuti sono stati trasportati a valle, nel paese di Pejo, dove è stato allestito una sorta di “pronto soccorso” per fornire le “prime cure” ai manufatti.

Uno dei metodi applicati sia per asciugare i reperti sia per la successiva protezione in deposito è l’impiego della tecnica del sottovuoto.

Dopo l’asciugatura, realizzata con questa strumentazione, i reperti sono imbustati, sigillati e quindi trasferiti nei vari laboratori di restauro dove vengono adeguatamente “curati” secondo metodologie diverse in relazione alla loro composizione: metalli, materiale cartaceo, cuoio, legno, pelle, tessuto e paglia. Infine vengono nuovamente imbustati sottovuoto per garantire un’adeguata conservazione in deposito. Questo passaggio elimina la maggior parte dell’aria presentenelle buste. I vantaggi sono molteplici: si proteggono le superfici dei reperti dalla contaminazione da polveri e microbi, i manufatti vengono bloccati nella posizione desiderata, sono facilitate tutte le operazioni di movimentazione in deposito e si riduce l’ingombro. La trasparenza delle buste permette inoltre l’immediato riconoscimento dell’oggetto e la valutazione dello stato di conservazione.

Le “confezioni” ottenute sono state esposte in occasione della mostra “La guerra che verrà non è la prima” presso il Mart di Rovereto da ottobre 2014 a settembre 2015.


27/01/2022