Il restauro delle formelle di stufa a olle
Le stufe di produzione tirolese del Castello di San Michele a Ossana.
Tra gli interventi di restauro condotti nel Castello di San Michele a Ossana, in Val di Sole, ci sono quelli effettuati sulle formelle di stufa a olle. Durante le indagini archeologiche, che si sono svolte dal 2002 al 2007, sono state rinvenute notevoli quantità di frammenti in ceramica di formelle di stufe ad olle, di produzione tirolese databili all’ultimo quarto del Quattrocento.
Vista la grande quantità di frammenti, mescolati tra loro, il lavoro di restauro ha previsto innanzitutto la suddivisone delle formelle per tipologie con soggetto affine. Quindi, per ogni gruppo, sono stati ricercati i punti di probabile giunzione.
Isolate così le formelle ricostruibili, cioè quelle che avevano gran parte del perimetro e la parte relativa alla figura sicuramente pertinente allo stesso soggetto, si è proceduto all’azione di pulitura con la rimozione dei depositi terrosi e delle incrostazioni.
La superficie delle formelle era, in quasi la totalità dei casi, molto fragile.
Il rivestimento vetroso della superficie tendeva a staccarsi ed in alcuni casi il degrado era tale da alterarne l’aspetto in maniera irreversibile. Tale alterazione era dovuta alla vicinanza dei manufatti ad una forte fonte di calore (verosimilmente un incendio verificatosi prima del definitivo interramento). La prima foto rappresenta due formelle identiche ma con uno stato di conservazione molto diverso causato dalla vicinanza o meno al calore.
Dopo l’assemblaggio dei frammenti con opportuni adesivi si è passati alla scelta della metodologia per la ricostruzione delle parti mancanti (lacune).
Nel restauro di tipo antiquariale la parte mancante viene ricostituita in maniera completamente identica all’originale in modo che non si distingua dalla parte originale. Nel restauro museale, invece, la ricostruzione deve basarsi solo su elementi certi e non su ipotesi ricostruttive e soprattutto si deve chiaramente distinguere dalle parti originali.
Il criterio essenziale da seguire è quello di restituire una corrispondenza con le porzioni originali esistenti, in modo tale che le parti ricostruite non possano trarre in inganno.
La ricostruzione della parte mancante deve essere compatibile con l’opera dal punto di vista chimico, fisico ed estetico e deve essere anche reversibile, cioè rimovibile senza danneggiare le porzioni conservate.
Le sostanze integranti vengono lavorate con appositi strumenti e dipinte per attenuarne la visibilità. Nel caso del restauro dei reperti ceramici provenienti dal Castello di San Michele, sono state utilizzate due tecniche di finitura superficiale delle integrazioni: completamenti pittorici a neutro e rifiniture pittoriche a puntinato.
Nel primo caso si individuano dei toni che riprendano i colori dominanti del manufatto ed il colore viene steso uniformemente sulla superficie integrata con un pennello ottenendo un effetto monocromatico neutro.
Nel secondo caso l’integrazione viene dipinta stendendo il colore con un comune spazzolino da denti ottenendo una superficie “puntinata” policromatica.
L’effetto si ottiene con stesure successive del colore, (appartenente alla selezione cromatica dominante del manufatto), in toni più chiari e più scuri in modo da creare un risultato finale più mosso.
I frammenti della stufa a olle sono stati restaurati e ricomposti all’interno di un espositore che rievoca la sagoma di una stufa del periodo storico relativo alle formelle.
27/01/2022