Il “Trentino in posa” di un gentiluomo fotografo

Giovanni Pedrotti tra cronaca e ambizioni formali

Giovanni Pedrotti, “Piazza Fiera – Trento”, 14 novembre 1903, stampa alla gelatina cloruro d’argento, 10,9 x 14,3 cm [ @AFS, Soprintendenza per i beni culturali, Provincia autonoma di Trento]

Fine giugno 1914. Nei giorni dell’attentato di Sarajevo, Giovanni Pedrotti (1867-1938), esponente di spicco della ricca e colta borghesia che sostiene gli ideali d’italianità del Trentino, riprende alcune ultime immagini del territorio e della sua gente, prima di riparare nel Regno d’Italia allo scoppio di un conflitto che diventerà mondiale.

Erede di un’ingente fortuna, primo contribuente tra i cittadini di Trento, Giovanni Pedrotti si era da tempo segnalato per la sua attiva partecipazione al movimento irredentista, da lui sostenuto incessantemente anche attraverso la vasta attività pubblicistica e la lunga adesione alla SAT, della quale fu successivamente socio, membro di direzione, presidente.

Come i Garbari, ai quali lo avvicinarono anche gli interessi botanici e per l’arte dei giardini, Pedrotti coltivò la passione della fotografia. L’Archivio fotografico storico raccoglie un importante fondo di 3359 negativi e positivi, questi ultimi raccolti in album elegantemente confezionati e annotati, che l’autore realizzò principalmente nell’arco di quindici anni, a partire dal 1899 e fino alla vigilia della tempesta bellica.

Le immagini spaziano dai ricordi di viaggio, in Italia e in diverse località transalpine, all’illustrazione della ‘piccola patria' trentina, ritratta senza pretesa di completezza, in occasione di passeggiate ed escursioni; si tratta comunque di un patrimonio di immagini di notevole ampiezza documentaria, visto che copre, sia pure con diversità quantitative, tutte le vallate trentine, fornendo elementi preziosi e insostituibili per lo studio di molteplici aspetti di vita ormai perduti.
In molti casi, il diario privato della vita domestica e degli affetti familiari si intreccia con la dimensione collettiva di un ‘autoritratto di classe’ ricco di rimandi allo stile di vita altoborghese nel Trentino del primo Novecento.
Soggetto ricorrente è la prediletta villa di San Rocco presso Villazzano, con il grande giardino che fu oggetto delle durature attenzioni del proprietario. Numerose sono anche le vedute di Trento, restituita in tutto il suo ‘colore' e nelle sue sfaccettature sociali, dal passeggio signorile al lavoro delle lavandaie e degli zattieri lungo l’Adige.
L’opera di Pedrotti ci conduce poi oltre il perimetro delle antiche mura urbane, verso i numerosi possedimenti di famiglia e lungo i sentieri esplorati in occasione delle frequenti scampagnate fuori porta in compagnia di familiari o amici. L’indagine si estende alle valli trentine, considerate nei loro aspetti naturali e antropici. Lo sguardo del fotografo si appunta spesso sui centri storici e sull’architettura tradizionale, ma non trascura i segni della modernità e le trasformazioni indotte dalla nuova industria turistica. Gli anni, infatti, coincidono con la nascita di nuovi alberghi e rifugi alpini; lo stesso Pedrotti farà erigere l’Hotel Pordoi in Val di Fassa, contribuendo all’organico progetto di sviluppo della montagna trentina coltivato dalla SAT. Le vedute ‘del’ paesaggio si alternano alle numerose riprese di escursionisti e gitanti ritratti ‘nel’ paesaggio: documenti del processo di appropriazione nazionale del territorio montano, ma anche memorie degli svaghi en plein air delle élite, in contrasto con le scene di vita delle classi popolari, fotografate con una particolare attenzione all’infanzia.

L’esame delle lastre e degli album in AFS rivela anche consapevoli ambizioni formali, confermate dai riferimenti alla pratica fotografica rintracciati nei diari personali di Pedrotti, conservati presso la Fondazione Museo storico del Trentino. Sappiamo inoltre che poté perfezionare la sua cultura visiva attraverso la consultazione della trattatistica contemporanea; nella Biblioteca Giovanni Pedrotti presso la Biblioteca della Montagna-SAT si conserva difatti una copia del manuale Le Paysage Artistique en photographie, edito attorno al passaggio di secolo dal fotoamatore francese Frédéric Dillaye.
Come suggeriscono vari scritti, Pedrotti percepiva la realtà con occhio sensibile ai valori cromatici. La sua produzione fotografica si colloca ancora per intero nell’ambito del bianco e nero; egli, tuttavia, volle conferire alle sue stampe una esuberante gamma di colorazioni, attraverso variati viraggi che per le vedute di paesaggio sembrano talvolta dettati da una precisa volontà mimetica, come suggeriscono annotazioni sulle lastre, tracciate evidentemente come promemoria per la stampa.
Come si è visto, in quegli anni la fotografia pittorialista, nel rivendicare la dignità artistica al nuovo medium, rinunciava proprio a quella assoluta e caratteristica precisione che ne aveva determinato il successo iniziale e l’affermazione di massa. Anche le stampe di Pedrotti si discostano dall’estrema nitidezza per una visione più simile a quella dell’occhio umano, che ottenne l'apprezzamento dei contemporanei. Nel 1905, in particolare, Pedrotti fu tra gli organizzatori dell’ambiziosa Esposizione fotografica di Trento, alla quale partecipò con una collezione organica di 18 vedute di laghi grandi e piccoli disseminati sul territorio. In giuria figurava Vittorio Alinari, il quale, recensendo la mostra sulle pagine del “Bullettino della Società Fotografica Italiana,” lodò la “bella collezione di vedute dei laghi del Trentino esposta dal Pedrotti”.

La guerra interruppe queste ricerche, e solo poche prove risultano ascrivibili al periodo successivo. Nell’insieme le serene fotografie di Pedrotti, lontane dalle tensioni che ispiravano il suo impegno politico, restano dunque eco vibrante degli anni in cui la Belle Époque – sia pure nella sua più modesta declinazione locale – volgeva definitivamente al tramonto.

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km

11/05/2020