Il primo atelier

Le vedute di G.B Unterveger

Giovanni Battista Unterveger, “Panoramica di Lavis”, 1862-1880, negativo su vetro al collodio, 13 x 17,8 cm [ @AFS, Soprintendenza per i beni culturali, Provincia autonoma di Trento]

Dopo aver appreso il mestiere dal fotografo itinerante Ferdinand Brosy (leggi di più), in un avventuroso viaggio a sud e a nord delle Alpi, Giovanni Battista Unterveger, nel 1854, avviò con scarsi mezzi il primo stabilimento fotografico della città di Trento e del Trentino allora austriaco.
Nelle memorie del 1904, testamento spirituale redatto in occasione del suo “giubileo di fotografo”, abbondano gli aneddoti sulle fatiche, le sfide, i disagi progressivamente affrontati per sopperire alle limitazioni tecniche e affinare i propri mezzi espressivi, a cominciare dal ricordo della “molta pazienza e costanza” che gli furono necessarie, agli esordi, per perfezionare il procedimento del collodio umido carpito al Brosy.
Il figlio Enrico scriverà che in questa fase Giovanni Battista “si diede con amore allo studio della chimica”; dal 1857 si valse inoltre della collaborazione del professor Luigi Manetti, medico e docente di chimica presso la Civica scuola di arti e mestieri di Trento.
Su queste basi, Unterveger, fin dal 1862, formulò il disegno, perseguito per oltre quarant’anni, di una “illustrazione fotografica” del territorio trentino, nel quadro di un’abile strategia di promozione aziendale, non disgiunta da un effettivo, convinto impegno di pubblica utilità. Nel 1870 egli avviò anche la documentazione fotografica delle alte quote, nonostante le oggettive difficoltà incontrate per l’ingombro delle attrezzature necessarie per la ripresa al collodio, la variabilità delle condizioni atmosferiche e la rete ancora carente di sentieri e rifugi. A conferma di un impegno declinato anche sul piano teorico, l’anno successivo Giovanni Battista inviò alla “Rivista Fotografica Universale”, tra le prime pubblicazioni specializzate in Italia, un suo contributo sul problema della corretta resa delle nuvole nella fotografia di paesaggio, superabile “col semplicissimo artifizio di sviluppare e rinforzare regolarmente la parte bassa del paese e toccare appena il cielo con lo sviluppatore”.

Nel 1875, in occasione dell’Esposizione regionale di Trento, Unterveger ricevette calorosi consensi “perché non è cosa appena degna d’esser ritratta nel nostro paese, ch’egli non abbia con ogni fatica conquistata alle sue negative”. Una significativa selezione del repertorio del fotografo sopravvive tra le pagine del noto album di Vedute del Trentino commissionatogli nel 1882 dalla Società degli Alpinisti Tridentini, in occasione del Congresso internazionale alpino di Salisburgo, celebrato nell’agosto di quell’anno; la meditata successione di 156 stampe all’albumina si caricava dunque di una dichiarata funzione di rappresentanza che indusse a privilegiare le vedute delle città maggiori e delle rinomate località di soggiorno e di cura assieme agli aspetti più eclatanti del paesaggio montano e alle prime infrastrutture messe in opera dalla stessa SAT nel perseguimento della propria missione.
L’elenco complessivo delle località fotografate si ricava però dal Catalogo delle vedute fotografiche del Trentino eseguite da G.B. Unterveger, consultato in tre edizioni datate 1881, 1890 e 1894, che riflettono un progressivo allargamento a nuovi soggetti e nuovi territori, conquistati anche grazie all’evoluzione delle tecniche e dei materiali fotografici. Per ogni città, paese e villaggio, l’elenco include una o più vedute panoramiche, in molti casi accompagnate, dal generale al particolare, da singole riprese delle chiese e dei principali edifici pubblici, in accordo con la tendenza contemporanea alla selezione di immagini emblematiche e riassuntive.

Nel 1904, Giovanni Battista quantificava in oltre 1400 le vedute disponibili presso il proprio atelier. Purtroppo questa vasta “réclame fotografica” del Trentino, come la definiva lo stesso fotografo, fu quasi interamente distrutta nel 1915 dai gendarmi austriaci all’arresto del figlio Enrico Unterveger, irredentista militante.
Tra le poche negative che in quell’occasione scamparono fortunosamente alla distruzione spiccano le circa cento lastre al collodio confluite nell’Archivio fotografico storico, dove si conservano anche centinaia di stampe tra cui molte stereoscopie uscite dall’atelier Unterveger: come ebbe a scrivere Italo Zannier nel catalogo della mostra del 1982, esse rappresentano oggi il monumento del fotografo che invitava anche i dilettanti a “ritrarre nelle città e nelle valli quanto vi ha di interessante”, convinto che tale materiale “ben raccolto e ben ordinato può valere quanto una storia scritta”.

Focus: la stereoscopia

km

22/04/2020