Archivio Sergio Perdomi

Il fondo, formato da circa 8.000 lastre e da stampe originali, documenta l'impegno del fotografo nel settore della documentazione del patrimonio culturale, ma anche nel reportage e nella fotografia d'arte

Ereditato dalla Soprintendenza ai monumenti e alle gallerie di Trento, organo periferico dello Stato soppresso nel 1973, il fondo è formato da circa 8.000 lastre di varie misure e da stampe originali.
Sergio Perdomi, nato ad Ostiglia (Mantova) nel 1887, allo scoppio del primo conflitto mondiale si arruolò nell'esercito italiano come specialista fotografo. Il suo insediamento nella città di Trento risale alla fine del 1921, quando prese possesso di alcuni locali, che gli servirono da abitazione e laboratorio, presso il Castello del Buonconsiglio, divenuto sede del Museo Nazionale nel 1924. Suoi clienti più importanti in questo periodo furono la Soprintendenza ai monumenti e alle gallerie di Trento e il Genio Civile per i quali effettuò tutta la documentazione fotografica necessaria ai loro compiti di istituto. Affiancò, ai già numerosi lavori per gli enti pubblici, anche un'intensa attività per privati, imprese industriali e per l'editoria turistica, fornendo cartoline e opuscoli. Assunse nel 1926 Silvio Pedrotti, che lo lasciò due anni dopo quando si associò con i fratelli Enrico, Mario, Aldo e, verso la metà degli anni '30, con Rodolfo Rensi. Alla sua morte, avvenuta nel 1935, lo studio venne occupato fino al 1945 dai Pedrotti che lo cedettero a loro volta a Rensi, rientrato in quell'anno dalla prigionia. 
Come si ricordava, i primi incarichi gli furono commissionati dalla nuova amministrazione italiana. Iniziò in tal modo a fotografare strade di recente costruzione, centrali elettriche, cantieri edili, bonifiche; importante fu la documentazione del sistema idro-geologico del bacino dell'Adige dalle sorgenti alla chiusa di Rivoli. Contemporaneamente seguì i restauri del Castello del Buonconsiglio, riprendendo numerosi dipinti e oggetti artistici. Accanto a questa attività praticò anche quella di fotoreporter: la sua preparazione tecnica e professionale, particolarmente dinamica, gli permise di essere il primo in grado di documentare cerimonie, eventi ufficiali, attività di enti pubblici quali asili, ambulatori o la situazione edilizia della regione; infine, da ricordare, le spedizioni in alcune grotte le cui riprese ancora oggi sono di estremo interesse per gli speleologi. Si occupò anche di editoria proponendo cartoline, album, ingrandimenti, cartelloni pubblicitari, lavori per artisti. Le sue cartoline illustrarono paesaggi alpestri, scorci pittoreschi, scene di genere, utilizzando spesso le tecniche pittorialiste. Furono sue le edizioni relative all'arresto, al processo e all'esecuzione di Cesare Battisti. Accanto all'attività industriale praticò ricerche personali con tecniche sofisticate quali il bromolio, la resinotipia, la gomma bicromata che propose in mostre e concorsi, fra i quali l'esposizione di Torino del 1927. Questa attività parallela comunque non influenzò né la tecnica, né il taglio estetico dei suoi lavori. Fu maestro per le nuove generazioni di fotografi trentini superando con grande dinamismo la dimensione ristretta della cosiddetta attività di bottega.