Fotografate

Donne in posa

Enrico Unterveger, La moglie Maria Bolognini nel loro viaggio di nozze, Venezia, 1905, stampa su carta alla gelatina sali d’argento [ @AFS, Soprintendenza per i beni culturali, Provincia autonoma di Trento]

Nel secondo Ottocento, la ritrattistica di studio, declinata soprattutto nella forma modesta, ma ricca di implicazioni documentarie, della carte de visite, alimentò nuove pratiche di ricordo condiviso; tra le pagine degli album di famiglia si susseguono innumerevoli le immagini di donne fotografate fin dall’infanzia, poi come promesse spose, mogli e infine madri e nonne assieme ai figli e ai nipoti. Spettava tipicamente alle donne, del resto, accompagnare i bambini dal fotografo e farli stare composti per evitare che il ritratto risultasse mosso.

Nell’Archivio fotografico storico si conservano migliaia di carte de visite acquisite dai fotografi Luciano Eccher e Flavio Faganello, collezionisti avvertiti e particolarmente attenti al censimento delle diverse individualità e degli atelier operanti in Trentino nel secolo dell’invenzione della fotografia. Ad uno sguardo generale, le figure di donne e bambine sembrano corrispondere, almeno sotto il profilo quantitativo, agli equivalenti maschili, anche in quelle occasioni, come le nozze e la prima comunione, selezionate appositamente per entrare a far parte della memoria comune e suggellare il senso di identità e i valori del gruppo famigliare. In qualche caso il ritratto si completa con l’evidenza di oggetti che concorrono alla differenziazione di genere, o a delineare la personalità e lo status dell’effigiata. Tra i giochi infantili, cerchio e cavallo a dondolo risultano generalmente di appannaggio maschile, mentre le bambine esibiscono bambole, pupazzi, borsette; le gentildonne talvolta stringono ventagli, ombrellini, volumetti o precedenti fotografie, mentre le donne di condizione più modesta in rari casi posano con gli strumenti del proprio lavoro, come la macchina da cucire.

Di particolare interesse risulta il composito universo femminile catturato con sguardo aperto e curioso, libero da vincoli commerciali, da un dilettante assiduo e facoltoso quale fu Giovanni Pedrotti (leggi di più), in massima parte nel periodo compreso tra il 1899 e il 1914. Alle immagini del mondo contadino e del lavoro femminile, colto anche nella sua durezza, si aggiunge la lieta rappresentazione della vita signorile e di una diffusa complicità tra i sessi nella condivisione di svaghi intellettuali, escursioni en plein air, viaggi e piaceri della villeggiatura anche fuori regione. Molte scene sono ambientate nella villa di San Rocco a Villazzano, spesso cornice di ritrovi, feste, elette conversazioni. Un vasto capitolo è dedicato alla sfera privata, con l’insolita attenzione riservata ai domestici, in testa la governante e la balia, e la presenza forte della moglie, Clotilde Rosmini, di cui Pedrotti, nei suoi diari, annota puntualmente le uscite, le partenze e gli umori che talvolta lo immergono in “crudele perplessità”.

Numerosi sono anche i ritratti in cui Enrico Unterveger immortalò la bellezza della giovane moglie Maria Bolognini, sposata nel maggio del 1905 e subito celebrata nelle fotografie ambientate da lui riprese nel corso del viaggio di nozze a Verona e Venezia. L’album, che rimonta alle origini dei topoi fotografici codificati dall’incipiente turismo di massa, qui interpretati con eleganza e mestiere, perpetua un’immagine idealizzata della donna come musa ispiratrice, senza compiacimenti privati e allusioni al gioco della seduzione. Maggiore intimità rivelano piuttosto un tenero ritratto della moglie fotografata in abiti maschili, in occasione del carnevale, e lo stretto abbraccio dei due coniugi in studio; ma questo discorso di coppia, filtrato dalla macchina fotografica, sarà interrotto dalla scomparsa di Maria, morta nel 1911 a soli ventisei anni, pochi giorni dopo la nascita del figlio Mario, che sarà fedele custode delle memorie familiari.

Fotografe: donne dietro l'obiettivo

km

25/05/2020