Guillaume Du Fay, Conditor alme siderum (inno a tre voci in faulxbourdon; Tr92, 63r)

L’inno d’Avvento Conditor alme siderum appartiene al gruppo di ventisei inni polifonici che ci sono rimasti del grande compositore franco fiammingo. È interessante per diversi aspetti. Nel codice Tr92 compare solo la realizzazione polifonica della seconda strofa con il testo unicamente al superius, mentre il tenor (privo di testo) reca la scritta “per faulx bourdon”:

Questo significa che l’esecuzione deve essere integrata con i versetti dispari in canto piano, che nel codice concordante della Biblioteca Estense di Modena sono presenti con una notazione di tipo proporzionale:

Significa inoltre che la terza voce deve essere ricavata dal superius eseguendo quella parte una quarta sotto, secondo la tecnica del faulxbourdon, forse inventata dallo stesso Du Fay, dato che compare per la prima volta nel suo communio Vox qui secuti della Missa Sancti Jacobi.

La melodia gregoriana è dunque parafrasata al superius (dove mantiene visibilmente la struttura ritmico-proporzionale del modello così come ci è proposto dal codice di Modena) ed è amplifictata con la tecnica del Faulxbourdon nelle strofe pari, mentre è eseguita monodicamente nelle strofe dispari.

Ecco il testo completo dell’inno conm traduzione:

Conditor alme siderum,
aeterna lux credentium,
Christe redemtor omnium
Exaudi preces supplicum.
Qui condolens interitu
Mortis perire saeculum,
salvasti mundum languidum
donans reis remedium,
Vergente mundi vespere
uti sponsus de thalamo,
egressus honestissima
Virginis matris clausula.
Cuius forti potentiae
Genu curvantur omnia
Coelestia, terrestria,
nutu fatentur subdita.
Te deprecamur agie
Venture judex saeculi
Conserva nos in tempore
Hostis a telo perfidi.
Laus, honor, virtus, gloria
Deo patri, et Filio,
Sancto simul paraclito
In saeculorum saecula. Amen.
Benigno creatore delle stelle,
eterna luce dei credenti,
Cristo, redentore di tutti,
esaudisci le preghiere di chi ti implora.
Tu che, condividendo il nostro dolore per la
rovina del secolo di morte,
hai salvato il mondo infermo
donando il rimedio ai peccatori,
Mentre il mondo volgeva al tramonto,
come sposo dalla sua stanza
sei uscito dal castissimo grembo
della Vergine madre.
Te, alla cui grande potenza
piegano le ginocchia tutte le cose
del cielo e della terra,[1]
confessando obbedienza al tuo comando,
Noi imploriamo, santo,
giudice dei giorni che verranno;
proteggici nel nostro tempo
dalle armi del perfido nemico (Satana).
Lode, onore, merito, gloria,
a Dio padre, al Figlio
e insieme al Santo Spirito Paraclito,
nei secoli dei secoli. Amen.

L’esecuzione è affidata a Marco Gozzi (superius), Roberto Gianotti (contratenor à faulxbourdon) e Paolo Deanesi (tenor). La Schola gregoriana è composta da: Salvatore De Salvo, Roberto Gianotti e Marco Gozzi.

[1] L’inno cristologico della Lettera ai Filippesi (2, 6-11) presenta la liturgia del cosmo come un inginocchiarsi di fronte al nome di Gesù e vede in ciò adempiuta la profezia di Isaia (Is 45, 23) sulla signoria sul mondo di Dio.

I canti sono eseguiti dal Gruppo vocale da camera Il Virtuoso Ritrovo di Trento.