Sono sette imponenti volumi con notazione musicale, che contengono
            quasi duemila composizioni a più voci in uso nelle corti e nelle cattedrali europee
            lungo tutto il Quattrocento.
            
            
                Raccolgono prevalentemente musica sacra per la liturgia cattolica (Messa e Ufficio),
            ma anche chansons profane, talvolta trasformate in facili canti sacri con l’aggiunta
            di testi latini.
            
            
                I fascicoli cartacei che ora compongono i codici furono scritti e poi rilegati assieme
            in tempi e in luoghi diversi: gli attuali manoscritti 
            Tr87 e 
            Tr92,
            i più antichi, furono assemblati e in parte copiati tra il 1430 e il 1445 dal sacerdote
            bolzanino 
            Johannes Lupi
                (1410 ca. - 1467), giunto a Trento attorno al 1447 come organista
            della Cattedrale, dopo essere stato copista e cappellano alla corte imperiale di
            Graz - Wiener Neustadt al servizio di Federico IV d’Asburgo.
            
            
                I quattro codici più recenti (Tr88, 
            Tr89,
            Tr90 e 
            Tr91) sono
            invece principalmente l’opera del copista 
            Johannes Wiser
                di Monaco, che li copiò a Trento, con l’aiuto di alcuni suoi
            scolari, nel periodo in cui fu succentor (assistente del maestro) e poi maestro
            della scuola capitolare trentina, tra il 1455 e il 1465. I codici poi restarono
            per più di quattrocento anni inutili e dimenticati nella biblioteca del Capitolo
            del Duomo di Trento, sino a quando il musicologo e sacerdote tedesco Franz Xaver
            Haberl non li ritrovò nel 1885
            
            
                Il codice Tr93,
            l’unico che è tuttora conservato nella Biblioteca capitolare, fu compilato tra il
            1450 e il 1455 ed è forse di provenienza austriaca; fu portato probabilmente a Trento
            da Lupi e il suo contenuto fu copiato quasi integralmente da Wiser nel codice 
            Tr90
            
            
                Per oltre dieci anni (dal 1455 al 1467), Johannes Lupi e Johannes Wiser (sacerdoti,
            copisti e musicisti) vissero uno accanto all'altro, svolgendo il loro servizio presso
            il Duomo di Trento, pur non essendo canonici: Lupi come organista, Wiser come rector
            scholarum. Quei 'sex libri magni et parvi' contenenti polifonia (ed anche, forse,
            i numerosi strumenti) che erano in possesso di Lupi attorno al 1455 non finirono,
            probabilmente, in mano agli eredi nominati nel suo primo testamento, ma passarono
            per la maggior parte a Wiser. Quei codici, poi, assieme ai quattro grossi volumi
            copiati da Wiser stesso (con l'aiuto di qualche scolaro e amico), confluirono infine
            nella Biblioteca capitolare da poco costituita, dove restarono dimenticati fino
            alla loro riscoperta nel 1855.
            
            
                La modalità con cui giunse a Trento la vasta mole di musica confluita poi nei quattro
            codici più recenti può essere solo materia di congetture. Con ogni probabilità Lupi
            ebbe un importante ruolo di mediatore nel procurare le musiche a Wiser: il suo precedente
            impiego di copista presso la corte imperiale e i suoi possibili contatti con i musicisti
            che circolarono al Concilio di Basilea gli permisero di avere accesso a diversi
            'giacimenti' di musica polifonica. Ma anche altri personaggi della Chiesa trentina
            possono aver favorito scambi e acquisizioni musicali: si pensi al canonico Anhang,
            che manteneva frequenti contatti epistolari con Enea Silvio Piccolomini a Vienna
            o ai numerosi musicisti trentini, tra i quali si celano forse alcuni degli aiutanti
            di Wiser nell'opera di copiatura dei codici.
            
            
                
                Il contenuto
                
                Complessivamente i sette codici tramandano 1834 composizioni musicali quattrocentesche
            a più voci (solitamente tre o quattro). In prevalenza si tratta di composizioni
            liturgiche: circa 800 sezioni dell’Ordinario della Messa (Kyrie, Gloria, Credo,
            Sanctus e Agnus), circa 400 brani del Proprio della Messa (Introiti, Graduali, Alleluia,
            Offertori, Communiones e Sequenze), 480 composizioni liturgiche principalmente per
            l’Ufficio (mottetti, antifone, Magnificat, inni, Benedicamus e responsori) e infine
            circa 150 composizioni profane (Lieder, rondeaux, ballades, bergerettes), spesso
            con il solo incipit del testo o con un testo sacro latino aggiunto (il cosiddetto
            contrafactum, da far utilizzare ai bambini della scuola come facile canto processionale
            o didattico).
            
            
            
                Gli autori delle composizioni musicali
                
                L’autore più rappresentato nei codici, con oltre cento composizioni musicali, è Guillaume
                Du Fay (circa 1400-1474), certamente il più celebre maestro della scuola
            franco-fiamminga. Più di cinquanta composizioni sono poi da attribuire al suo contemporaneo
            Gilles
                de Bins detto Binchois. Il gruppo di autori di origine franco-fiamminga,
            che lavoravano in molte corti europee, è il più nutrito (H. Battre, Jean Brassart,
            Antoine
                Busnois, Philippe Caron, Loyset Compere, Johannes Ciconia, Guillaume Faugues,
            Nicholas Grenon, Estienne Grossin, Hugo de Lantins, Guillaume e Johannes Legrant,
            Reginald Liebert, Johannes de Lymburgia, Johannes Martini, Nicolas Merques, Johannes
            Ockeghem, Bartholomaeus Poignare, Jean Pullois, Egidius Velut, Jacobus Vide), ma
            notevole è anche la presenza di compositori inglesi: John Dunstable (con circa trenta composizioni), Leonel Power (ventitre),
            John Bedingham (diciassette), John Benet (tredici), John Forest (otto), John Plummer
            e Walter Frye (quattro), Standley, Markham, Pyamor e Soursby. Rari sono gli autori
            italiani: Ludovico da Rimini, Bartolomeo Brollo, Andrea Talafangi, Zacara da Teramo,
            Cristoforo Anthonii ed uno solo è spagnolo: Johannes Cornago, vissuto a Napoli alla
            corte di Alfonso I d’Aragona e di Ferdinando I. Moltissime composizioni sono però
            tramandate anonime.
            
            
            
                I principali codici musicali della stessa epoca
                
                L’attuale conoscenza della musica sacra polifonica quattrocentesca dipende in buona
            parte dai sette manoscritti trentini, dato che la maggioranza delle composizioni
            tramandate dai codici di Trento è sconosciuta agli altri codici della stessa epoca
            conservati in biblioteche europee, come il ms. Q 15 del Civico Museo Bibliografico
            di Bologna, il ms. Canonici misc. 213 della Bodleian Library di Oxford , il ms.
            2216 della Biblioteca Universitaria di Bologna, il ms. del Seminario Vescovile di
            Aosta, il Codex Latinus Monacensis 14274 della Bayerische Staats-bibliothek di Monaco,
            il codice Modena, Biblioteca Estense, alpha X.1.11, il ms. Firenze, Biblioteca Nazionale
            Centrale, Magliabechi XIX.112 bis, i manoscritti di musica sacra in uso a Roma nella
            Cappella Sistina e in S. Pietro, ora in Biblioteca Apostolica Vaticana (CS 14, 15,
            e 51 e S. Pietro B 80) e i codici di Cambrai (Bibliothèque municipale, 6 e 11) e
            di Milano (i quattro 'libroni' dell'Archivio del Duomo).